PUNTO MONDIALE – 4 anni dopo: dal Sudafrica al Brasile, il dipinto nerazzurro che lentamente sbiadisce
di Giuseppe Chiaramonte
Punto Mondiale – Il nerazzurro che lentamente sbiadisce…
La terza analisi settimanale firmata Passioneinter.com dedicata al Mondiale brasiliano sarà diversa dalle ultime due:anziché focalizzarci sulle partite (non) giocate dai nostri ragazzi, faremo un salto nel passato, confrontando l’apporto nerazzurro alla precedente edizione della competizione iridata e quello attuale.
Il 2010 esponeva al mondo quell’affresco rinascimentale di nome Triplete, dipinto dall’artista Mourinho, pittore amante del dettaglio e dei colori vivi, degli sguardi realistici e dei passaggi luminosi e prospetticamente perfetti: era l’Inter di Sneijder, di Milito, di Lucio e di Eto’o, calciatori affermati a livello mondiale e definitivamente esplosi sotto la guida del Vate di Setubal. Il caldo giugno dello stesso anno, regala un altro scenario cromatico non indifferente: il primo mondiale del continente nero, nel più bianco tra i paesi africani ( Sudafrica ) è ormai alle porte: Maradona, CT dell’argentina, porta con sè Milito e Samuel, ma lascia clamorosamente a Milano Zanetti e Cambiasso, oltraggio clamoroso per i due protagonisti dei fasti nazionali ed internazionali di pochi mesi prima.
L’altro super team, quello brasiliano, attinge alla fonte nerazzurra convocando ben 3 interisti costituenti il blocco difensivo mourinhista: il portiere – gatto Julio Cesar, il motorino Maicon ed il granitico Lucio. L’Olanda punta tutto sul futuro candidato Pallone d’oro Sneijder, trasformato dalla cura Inter e diventato uno tra i primi trequartisti al mondo e trascinatore di quella nazionale talentuosa, sorprendente ed a tratti ipnotizzante. Altri singoli nerazzurri presenti sono il serbo Stankovic, il ghanese Muntari ed il camerunese Eto’o, rientrato nello scambio con Zlatan Ibrahimovic ,operazione-fondamenta della corazzata schiacciasassi che tutti ben ricordiamo.
Chi più e chi meno, gli interisti del tempo, saranno tutti protagonisti con le maglie delle rispettive nazionali, e solo l’ultima gara contro la Spagna fermerà il cecchino di Utrecht dal mettere le mani sulla coppa dorata che tanta gola fa a i calciatori del globo.
Passiamo ai giorni nostri, al 2014, alla successiva edizione della competizione iridata, museo dalle mille tele e dai mille colori con una partecipazione marginale del nerazzurro, che rispetto all’affresco rinascimentale dipinto dal Mou pochi anni prima, presenta opere costituite da pennellate confusionarie e minimali, figlie di un’arte, di uno stile e di un colore che lentamente muore. Gli 8 nerazzurri impegnati in Brasile hanno ruoli marginali e piglio più da gregari che da leader: se gli inizi di Kovacic ed Hernanes hanno fatto ben sperare, il loro apporto complessivo si è rivelato deludente per il primo e pressoché nullo per il secondo . La musica non cambia per gli altri interisti : Guarin, anarchico ed individualista, non trova spazio nell’organizzata banda di Pekerman. Nagatomo, unico titolare mondiale tra le fila di un anonimo e sfortunato Giappone, lascia la competizione dopo 3 partite e Taider, protagonista di due buone gare difensive contro Belgio e Germania, viene nelle altre circostanze relegato in panchina. Capitolo a parte scrivono i 3 argentini, numeri di un dado dalle infinite facce e dalle innumerevoli soluzioni: dopo il buon inizio di Campagnaro, ecco la difesa a 4 di Sabella ed il sacrificio del Toro di Moron. Alvarez è una comparsa, goccia nell’oceano della qualità albiceleste. Palacio è utile ma si perde come il compagno con il numero 11 nel sacco di idee offensive di Sabella.
Non è un mondiale per nerazzurri dicevamo 7 giorni fa, e lo confermiamo adesso, con questo salto nel passato.
Se dopo soli 4 anni si precipita dal possibile Pallone d’Oro alla panchina dell’Algeria ( non ce ne voglia il buon Saphir ), è evidente la carenza qualitativa degli uomini di Mazzarri. Un mondiale senza protagonisti interisti è solo l’epilogo di una stagione, che tornando all’arte si avvicina più al disordine del Guernica di picassiana memoria che all’armonia artistica Mourinhiana de “La Pala de Santa Lucia de Magnoli”, must rinascimentale degli Uffizi di Firenze.
Come tornare a risplendere? Con l’ultima metafora artistica, speriamo in un Thohir botticelliano, pronto a dipingere la nuova primavera nerazzurra, una Venere piena di colori e carica di pathos ed entusiasmo. Prendi il pennello Erick, la tua tela, la nostra tela, merita ben altri musei.