Dall’arrivo del Niño Maravilla a Milano, i tifosi interisti hanno avuto modo di conoscere ancora meglio Alexis Sanchez. Il cileno era reduce da un’esperienza più che deludente con il Manchester United (i Red Devils sembrano essere una calamita per questo tipo di situazioni). Le uniche soddisfazioni dell’ex Barcellona, in tempi recenti, arrivavano dalla Nazionale con la quale nel 2016 riuscì a vincere la seconda Copa America della storia cilena. Ed è dal rapporto di Sanchez con il Cile che partiremo.
Nonostante i risultati pessimi con gli ultimi club in cui ha giocato, El Niño ha sempre avuto un posto speciale all’interno della rosa cilena. Vuoi perché è forse il giocatore più forte dal punto di vista tecnico degli ultimi anni, vuoi anche perché Sanchez ci tiene in modo particolare. E forse stiamo usando un eufemismo. Non è mai stato un segreto infatti che il nerazzurro ritenga la maglia roja la cosa più importante della sua carriera.
In una recente intervista a Nike, Sanchez aveva detto: “Giocare per il Cile è un orgoglio, la cosa più importante. Sento che sto difendendo il mio paese, la mia gente. Poter dare allegria con questa maglia è la cosa più bella. É una sensazione diversa e molto bella. Si sente la responsabilità di rappresentare la nostra gente”.
Le motivazioni, quindi, spingono Sanchez più di ogni altra cosa quando gioca con quella maglia. É inutile spiegare perché le motivazioni siano fondamentali nel calcio: l’elemento che forse maggiormente distingue un buon giocatore da un campione, una buona prestazione da una serata da re. E Calhanoglu ce lo ha dimostrato nell’ultimo Derby. Sanchez quando gioca nel Cile riesce addirittura a compiere il gol olimpico, cioè segnare da calcio d’angolo. Come ha fatto la scorsa notte contro il Paraguay:
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Premessa finita. Ma la stessa premessa spiega perché Sanchez sia un altro giocatore con l’Inter. Che poi, altro giocatore non proprio. Quando schierato in campo, il cileno ha quasi sempre lasciato il segno: 12 gol e 20 assist sono comunque un bottino dignitoso per un giocatore che ha accusato diversi infortuni ma che, soprattutto, non è centrale nel progetto Inter. Se con il Cile Sanchez è la stella, con i nerazzurri è una comparsa che a volte può entrare in scena.
Comprensibile il “fastidio” dei tifosi nel vedere questa duplice natura ma cosa dovremmo aspettarci da lui? Che sia titolare? No, gli infortuni non gli consentono di giocare con continuità. Ma questa continuità non l’ha avuta nemmeno con il Cile: anche con la Nazionale ha dovuto saltare diverse (come nella scorsa Copa America). Le motivazioni sopra citate lo spingono a dare il massimo per esserci, ma anche perché il Cile stesso ha estremo bisogno di lui.
Questo articolo non vuole essere una giustificazione alla differenza di prestazioni del Niño, sia chiaro. Ma una spiegazione logica e schietta di questa situazione. La qualità del giocatore non si mette in discussione, e lo sappiamo. Ma così è. La rabbia e la frustrazione non risolveranno un bel nulla. Teniamoci stretto quello che rimane della genialità di Sanchez (vedasi assist per D’Ambrosio in Empoli-Inter 0-2), poi la società saprà fare i ragionamenti giusti in tal senso.
É molto probabile, poi, che la carriera in Europa del Niño sia quasi arrivata al capolinea. D’altronde il suo sogno è quello di chiuderla alla Universidad de Chile: “Penso che sia un sogno della mia famiglia, di mio padre che ora è in cielo, che io finisca alla U (Universida de Chile, ndr)”.
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