Santon: “Fare il calciatore è un sogno, ma bisogna rinunciare a tanto. Siamo un gruppo unito”
Il terzino dell'Inter si è raccontato durante la puntata di Drive InterDavide Santon è stato protagonista della puntata di Drive Inter di oggi. Durante lo svolgimento di uno dei format di Inter Tv il terzino italiano si è raccontato ai propri tifosi parlando di moltissimi argomenti: “Nella vita non ti regala mai niente nessuno, quindi devi guadagnartelo. E l’unica via è quella del lavoro e del sacrificio. Tanti pensano che noi abbiamo una vita facile: vero, ma la parte difficile è quello che fai prima di arrivarci. Quando inizi non sai se arrivi in Serie A o meno. Fai dei sacrifici, come lasciare la casa da piccoli, perdere gli amici d’infanzia. Tutto per raggiungere il tuo obiettivo. E alla fine ci vuole anche il colpo di fortuna, ma la cosa principale restano i sacrifici che si fanno. Io ho sempre voluto fare il calciatore.
RITO NEO-ACQUISTI – “Il rito di quando arriva un nuovo acquisto o quando uno rientra è che a cena la sera e devi cantare una canzone. Io l’ho detto a Eder che non sono un nuovo acquisto, sono solo rientrato da un infortunio. Non sono molto bravo a cantare e non ho cantato. Mi hanno fatto un applauso perché sono rientrato dopo l’infortunio. Con Eder e D’Ambrosio ci siamo presi un po’ in giro sui social. Siamo un gruppo che stiamo bene insieme, andiamo d’accordo non solo in campo. Anche fuori. E’ una cosa molto importante. Per i momento si vede che stiamo bene insieme, dai risultati Speriamo che continui così e vada sempre meglio”.
“IL BAMBINO” – “Mourinho mi ha accolto come un figlio. Da lì è partita la parola in conferenza stampa e poi il soprannome. Tutti mi hanno chiamato così perché ho esordito a 18 anni e un mese, ma ero andato in ritiro già a 17 anni. Mi piaceva. Mi sentivo protetto. Adesso ho dieci anni in più. E sono anche papà”.
6 MESI MAGICI E L’INCONTRO CON RONALDO – “E’ stata una partita tosta, se ci penso adesso me ne rendo conto. In quel momento là ero molto spensierato, non mi rendevo conto e non ci pensavo. Quella partita era veramente importante. Lui è sempre stato il mio idolo, da piccolo non giovano terzino. Giocavo ala o addirittura da punta. Mi ispiravo a lui, mi piaceva. Sei mesi prima ci giocavo alla play station poi uno davanti all’altro è una situazione difficile. Poi me la sono cavata. le gambe non tremavano, però hai quella tensione degli 80.000 a San Siro. Avevo 18 anni e tre mesi. In quell’anno successe tutto in fretta. Esordio in coppa Italia, in campionato, in Champions League, convocazione in U21 e nella nazionale maggiore. Sei mesi indimenticabili.”
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