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Simoni, il ricordo di Pagliuca: “Il migliore nel farci dare il massimo. Era davvero speciale”

In una lunga intervista concessa sulle pagine del Corriere dello Sport, l’ex portiere dell’Inter Gianluca Pagliuca ha scelto di ricordare Gigi Simoni, scomparso ieri all’età di 81 anni. Tantissimi i ricordi condivisi con l’ex allenatore della Beneamata, raccolti in questa prima parte di intervista.

PRIMO INCROCIO “Era l’estate del 1997, Simoni aveva già firmato per l’Inter, sarebbe diventato il mio allenatore. Ero in vacanza all’Isola di Cavallo, in Corsica. Un giorno con la mia fidanzata e gli amici, prendiamo una barca e andiamo al largo. Ad un certo punto incrociamo un’altra barca, c’è uno che si sbraccia e saluta, io guardo, ma c’è il riflesso del sole, faccio ciao e finisce lì. Quello continua, fa cenno di avvicinarsi, a un certo punto un mio amico mi fa: Luca, ma quello a me sembra Gigi Simoni. Così ci avvicinammo, salgo nella sua barca, era con la famiglia ed alcuni amici, mi ricordo che c’era anche suo figlio, il povero Adriano. Parlammo un’ora, io e lui. Ci conoscevamo solo da avversari. Quando tornai sulla mia barca e ci salutammo, pensai: sono fortunato, ad allenarmi sarà un uomo speciale”.

PERSONA SPECIALE“Una persona vera, semplice, pulita, ecco pulita. Non aveva bisogno di fingere con nessuno. Era genuino, onesto, retto”.

TEMPO INSIEME“Quanto tempo abbiamo lavorato insieme? Un anno e mezzo, dall’estate del 1997 fino a fine novembre del 1998, quando venne esonerato. Una stagione e qualche mese molto belli, vincemmo la Coppa Uefa e poi successe quella cosa là”.

ESONERO“Ci rimase malissimo, lui. E anche noi. Gli scrissi un messaggio, mi dispiaceva un sacco. Stavamo andando bene, avevamo passato il turno di Champion contro il Real Madrid, Simoni era appena stato premiato come miglior allenatore della Serie A. Eravamo una gran bella squadra, di grandi personalità. Ronaldo, Simeone, Bergomi, io, che gruppo. Simoni era bravissimo nel gestirci, sapeva trovare sempre le parole giuste con tutti”.

ULTIMI RICORDI“L’ho visto l’ultima volta tre anni fa, alla presentazione del suo libro. Non stava benissimo già allora. In questi mesi sono stato in contatto con la moglie, Monica. Le mandavo foto e video, dove salutavo il mister. Monica mi diceva che non riusciva più a parlare, ma mi riconosceva… Ma è giusto ricordarlo come una persona perbene, perché era esattamente quello. Ma è stato anche un grande allenatore, sapeva di calcio, eccome. All’Inter giocavamo con più moduli, non aveva paura a schierare contemporaneamente Djorkaeff, Zamorano, Moriero, poi l’anno dopo Recoba, Baggio, Ventola. Era un maestro nel convincerci a dare il massimo”.

 

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Giuseppe Coppola

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