Spiegato il debito dell’Inter: cosa succede con il bond da 415 milioni
Il buco nei conti del club parte dall'epoca del Triplete
C’è una filo comune che lega l’Inter della seconda stella del 2024 a quella del Triplete del 2010. Come evidenziato questa mattina da la Repubblica, stiamo parlando del debito lasciato in eredità dalla presidenza Moratti e sopportato non senza difficoltà da Thohir prima e da Suning poi.
Un buco provocato dalle spese fatte dal club nerazzurro per finanziare le sessioni di calciomercato sia durante il biennio di José Mourinho a Milano, ma già anche nell’ultimo periodo di Roberto Mancini nella sua prima vincente esperienza sulla panchina interista. Stiamo parlando, dunque, degli anni in cui dalla Uefa veniva introdotto il Fair Play Finanziario.
Per questa ragione, l’Inter si ritrova oggi con un bond da 415 milioni di euro emesso nel 2022 e quotato a Lussemburgo. Un bond emesso per ripagare il precedente da 300 milioni di euro erogato nel 2017, il quale a sua volta rimborsava un finanziamento da 230 milioni di euro del 2015.
Contrariamente alla aspettative maturate nei giorni scorsi dai sottoscrittori di tale bond, sulla base di una clausola di ‘change of control’, ad oggi gli obbligazionisti – tra cui figurano (con piccole quote) lo stesso Oaktree e il fondo Pimco con il quale Zhang aveva tentato di approcciare un nuovo finanziamento – non hanno potuto riscattare come da accordi “il 101 per cento dell’importo dei titoli posseduti, più gli interessi maturati”.
Questo perché tale clausola prevede il rimborso del bond da parte dell’Inter verso i propri sottoscrittori se entro 90 giorni dal cambio di proprietà si verificassero effetti negativi, mentre ad oggi non si è ancora concretizzato un declassamento del rating. Solamente in questo caso, infatti, scatterebbe la clausola di cambio di controllo che costringerebbe il club a rimborsare gli obbligazionisti.