Arriva sempre un momento, nella vita di una squadra, in cui si capisce finalmente di essere diventati grandi; per quanto riguarda l’Inter di Josè Mourinho quel momento è datato 20 Aprile 2010, quando la squadra nerazzurra del Vate di Setubal riuscì a battere in casa il fortissimo e favoritissimo Barcellona di Pep Guardiola.
Un processo di crescita incentrato in primis sulla conoscenza dei propri limiti: la netta sconfitta rimediata al Camp Nou durante in gironcino, infatti, aveva messo a nudo alcune criticità e lacune dell’Inter, già grande da tempo in Italia ma ancora incapace di spiccare il volo in Europa. Quel 2-0 rimediato in terra catalana fu, però, l’esame di coscienza più grande, perché tutti capirono dove e come bisognava lavorare per poter raggiungere un livello superiore.
Una crescita tattica col passaggio al 4-2-3-1, una crescita tecnica con l’inserimento a pieno regime di Thiago Motta e Goran Pandev, una crescita soprattutto mentale, che permette ai nerazzurri di non abbassare la testa nemmeno dopo il gol di Pedro che vale il momentaneo 0-1.
Il pareggio di Wesley Sneijder è un lampo che rimette in piedi il morale di San Siro, la rete nella ripresa di un Maicon in versione locomotiva è solo la diretta conseguenza logica di quel che si vede in campo; il suggello arriva con il 3-1 di Diego Milito, in cui pesa come un macigno la palla recuperata da Thiago Motta nella trequarti avversaria.
Il 3-1 lascia aperti tanti spiragli per il ritorno in Spagna, ma la lotta di San Siro ha reso chiaro una cosa importante: i marziani possono essere battuti.
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