20 Novembre 2018

Thiago Motta: “Sarà l’Inter a fermare l’egemonia della Juventus. Da allenatore giocherei con il 2-7-2!”

Prima parte della lunga intervista rilasciata da Thiago Motta a La Gazzetta dello Sport

Thiago Motta ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. In questa prima parte ha parlato della favorita per la Champions League di quest’anno, di eventuali sorprese e della sua filosofia di calcio da allenatore. Ecco le sue parole.

Motta, è stata dura dire basta?
“Smettere di giocare è la cosa più difficile al mondo per un calciatore. Ma io sono stato fortunato, perché appena
chiusa la carriera sono andato subito a Coverciano e poi ho iniziato ad allenare. Non ho avuto il tempo di pensare. Mi avevano avvertito tanti ex compagni: “Thiago il primo anno è un incubo. Non sai che fare, ti manca tutto”. Ma io l’uscita di scena l’ho programmata prima. L’ultimo contratto l’ho firmato a metà tra calciatore e allenatore. E ho deciso di chiudere quando ero ancora al top, dopo una stagione da titolare. Un lento trascinarsi tra campo e panchina non faceva per me. Anche perché non credete a chi sostiene di voler fare un ultimo anno in squadra, studiando da allenatore. Se ti alleni, poi vuoi giocare. I calciatori, tutti i calciatori, pensano di essere ancora in grado di fare la differenza anche quando non la fanno più. Io nell’ultima stagione sono rimasto fuori solo tre volte: e mi sono incazzato tutte e tre… Un campione in declino è un problema per qualsiasi allenatore. Io ho chiuso prima”.

Davvero nessuna nostalgia e nessun rimpianto?
“No, nessuno. Ho vissuto alla grande, ho vinto scudetti e Champions, sono stato in grandi città, Barcellona, Madrid,
Milano, Parigi, ho conosciuto e imparato tanto. Mi ricordo l’ultima partita al Parco dei Principi, la celebrazione, il saluto, le lacrime. Neanche il tempo di asciugarle ed ero a Coverciano, per la seconda parte della mia carriera”.

Allora mister Motta si presenti: qual è la sua filosofia di calcio?
“Offensiva, d’attacco. Una squadra corta, che imponga il gioco, pressi alta, sappia muoversi insieme, con e senza palla, affinché ogni giocatore abbia sempre tre-quattro soluzioni e un paio di compagni vicino pronti ad aiutarlo. Il difficile nel calcio spesso è fare le cose semplici: controllo, passaggio, smarcamento. Non amo i numeri legati ai moduli, possono essere bugiardi. Il calcio non è il biliardino: conta il movimento. Puoi essere super offensivo con il 5-3-2 e difensivo con il 4-3-3. Dipende dalle qualità degli uomini e dall’atteggiamento. Ho visto un fenomeno come Eto’o fare anche il terzino, dando un esempio che fu il segreto dell’Inter del Triplete. In una recente partita i miei due laterali erano ragazzi che lo scorso anno portavano il numero 9 e il 10 sulle spalle… Ciò non significa che non vorrei avere in squadra gente come Samuel o Chiellini, difensori nati”.

Quindi un modulo fisso non ce l’ha.
“No. Per me la squadra si può leggere anche partendo dalla fascia destra arrivando alla sinistra: che ne dice se giochiamo con il 2-7-2?”.

Dico che con il 2-7-2 più il portiere lei gioca in 12…
“No, io il portiere lo conto in quei 7 in mezzo al campo. Per me l’attaccante è il primo difensore e il portiere il primo attaccante. Dal portiere parte il gioco, con i piedi, e dalle punte il pressing offensivo per recuperare la palla”.

Qual è la squadra che oggi fa meglio tutto questo?
“Il City di Guardiola. Contro il Manchester United hanno fatto un gol dopo 44 passaggi. L’ho fatto vedere ai miei ragazzi. Noi contro il Napoli in Youth League abbiamo segnato dopo 16… siamo ancora molto indietro (sorride, ndr)”.

Anche il Barcellona visto contro l’Inter in Champions League per gioco corale e pressing non scherza.
“Il Barcellona ti sfianca col possesso e quando tu fai ripartire l’azione ti toglie l’aria. Sa qual è stata la partita in cui ho sofferto di più? Nel 2010 la prima sfida contro il Barcellona quando perdemmo 2-0. Non c’erano Messi e Ibra eppure non ce la fecero vedere mai. Mille tocchi, nessuno banale. Alla fine della partita non sapevamo neanche di che colore fosse il pallone. Correre a vuoto ti fa uscire di testa e ti svuota i muscoli”.

Ma per riuscire a giocare così c’è bisogno di 11 fenomeni?
“No, conta l’idea di calcio e la capacità che hai di trasmetterla. Se ci riesci anche chi non è un top player può farlo. Ho visto squadre piccole giocare un grande calcio”.

Chi è la favorita per la Champions?
“Cinque squadre: il Barcellona, il Real Madrid di Solari, il City che è la squadra che gioca meglio, il PSG e poi la Juve di Ronaldo. In finale la Juve c’era già arrivata, gli serviva il giocatore che le finali le decide e le fa vincere. Lo ha preso”.

Nessuna sorpresa?
“La Roma la scorsa stagione ha dimostrato che tutto può accadere. L’Inter può essere la valvola impazzita quest’anno. Nella doppia sfida molto dipende dagli infortuni, il momento, il sorteggio se ti dà una mano… Dai quarti fino alla finale: l’Inter non deve porsi limiti. Ma resta una sorpresa e non credo possa vincere”.

Neanche il campionato?
“No, non è ancora pronta. Ma la Juve non deve diventare una scusa per le altre: non vincerà per sempre. Nessuno lo fa. Smetterà. E credo che sarà l’Inter a interrompere questa monarchia”.

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