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Thuram: “Casa di Fedez? Ho sentito dire. Sul rapporto con Lautaro…”

In una lunghissima intervista concessa questa mattina sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, Marcus Thuram ha parlato della grande stagione che sta vivendo e non solo. L’attaccante dell’Inter, al comando della classifica marcatori in Serie A insieme a Retegui, si è da poco trasferito in una nuova casa a Milano, divenuta celebre per essere stata in passato di Fedez e Chiara Ferragni.

Dal rapporto molto stretto con la famiglia a quello con capitan Lautaro, ecco la prima parte dell’intervista di Thuram:

È il momento più alto della sua carriera?
“Sì. All’Inter sono in fiducia totale. Ed è grazie a chi mi sta intorno: compagni, mister, società”.

Dove vuole e può arrivare?
“Non lo so. E non ci penso, quasi mi dà fastidio. Conta amare, non mettersi limiti. Perché dire ‘faccio questo o quel numero di gol’? Ho tanto da migliorare ancora”.

In cosa? Faccia un esempio.
“Nel colpo di testa ,per dire. E nel provare ad andare più veloce di come riesco. Sento già di essere più forte di inizio stagione. E a gennaio sarò ancora meglio. Oggi, ad esempio, vado in anticipo su una palla di Dimarco perché so già quello che lui farà. Lo stesso con Micki. È conoscenza, esperienza”.

Non fosse stato figlio di Lilian, ora sarebbe così forte?
“No. Lui è stato fondamentale per me, da giovane e ancora oggi. Con lui guadagno tempo, una parola sua sono 2-3 settimane di lavoro per un altro”.

Ma oggi è lui il papà di Marcus o resta lei il figlio di Lilian?
“No, resto io figlio suo. E sono anche il grande fratello di Khephren. Sono fiero della mia famiglia”.

È stato un peso, essere figlio di un campione?
“A volte lo è stato. Mio padre mi aveva preparato, ‘ti giudicheranno per il cognome, diranno che ci sei solo perché sei mio figlio’. Non è stato piacevole, quando ero bambino, sentir dire cattiverie dai genitori dei ragazzi con cui giocavo. Rispondevo così: ‘guardate che se segno, non è perché il portiere avversario si sposta per far segnare il figlio di Lilian'”.

Con Khephren avete scommesso su chi vince più trofei quest’anno?
“C’è stata la possibilità di giocare insieme, quando ero al Borussia il Nizza mi voleva, ma poi non se ne è fatto nulla. No, nessuna scommessa con lui. Gli auguro il meglio. Non proprio il meglio meglio eh… Diciamo a lui sì, alla squadra in cui gioca no”.

È davvero più forte di lei?
“Sì, lo è. E sa perché? Perché può imparare dal papà e poi dal fratello, è fortunato”.

Da dove nasce la passione per la moda?
“Da mia mamma, mi portava in giro mentre faceva shopping. A Parigi ho cominciato a capire qualcosa, vedevo quello che comprava e mi piaceva. E poi lei si divertiva a vestirmi nei negozi”.

Diventerà un lavoro?
“Mi hanno proposto di fare il modello. Ma preferisco resti solo una passione, il calcio riempie già le mie giornate. Chissà, magari dopo la carriera”.

Pochi giorni fa giocava a basket con la maglia di Kean. Ha ascoltato il suo disco.
“Sì, gli ho mandato un messaggio per dirgli che è stato bravo. Da tempo aveva delle canzoni pronte, finalmente le ha fatte uscire: le passioni vanno sempre seguite”.

Chi è il cantante della sua vita?
“Sono cresciuto con Michael Jackson, piaceva a mamma. Papà amava Bob Marley. Ora sono più sul rap e sull’hip-hop. Ma loro due sono i miei riferimenti. E se devo scegliere una canzone, dico Redemption Song: me la faceva ascoltare mio papà in auto, era la sua preferita, ora è anche la mia”.

Lei è appassionato di manga. In chi si rivede?
“Il mio preferito è Dragon Ball Z, il personaggio è Super Saiyan 4: lo adoro, è veloce, potente. E poi Captain Tsubasa (in Italia Holly e Benji, ndr): tifavo per Mark Lenders, è nato ala e poi è diventato centravanti, come me”.

Cosa ha provato durante il malore di Bove?
“Ero paralizzato, sangue ghiacciato, non sapevo cosa fare. Ma è come una sveglia sulla vita. Dopo la partita ho chiamato tutte le persone a cui voglio bene, una ad una, per dire loro quanto le amo”.

Ha la sensazione che il carrozzone sia costretto sempre ad andare avanti?
“Il calcio è un business, ci sono dimezzo i soldi della gente, c’è chi vuole e deve guadagnare. Ma noi calciatori a Firenze ci siamo fermati. Siamo essere umani: queste cose possono accadere a tutti. E dunque bene è stato bloccare la partita”.

Si fa abbastanza sulla salute? Anche dal punto di vista mentale?
“Non è facile per noi gestire la pressione. Ma dipende sempre dal tipo di approccio. Vede, io amo veramente il calcio, è la mia vita. Ha ragione Davide (Frattesi, ndr), ho sentito il suo consiglio ai più giovani, ‘non prendete mai tutto al 100%’. Ecco: se si perde la componente del gioco, siamo finiti. Mentalmente è importante riuscire a staccare. Ad esempio dai social: sono nocivi per i calciatori. Quando sbagliamo una partita, non abbiamo ucciso nessuno eh! Può capitare, ci sarà sempre la sfida successiva per riscattarsi”.

All’Europeo lei e altri giocatori francesi vi siete schierati contro Le Pen, alla vigilia delle elezioni. Perché in Italia non c’è la stessa sensibilità?
“Io posso parlare per me. È stato naturale per il sottoscritto e per Kylian (Mbappé,ndr). Siamo giovani, neri, è stato giusto capire quel che stava accadendo e poi parlare”.

Le è mai capitato di subire un episodio razzista qui in Italia?
“A me personalmente mai”.

Se le accadesse, cosa farebbe?
“Non starei zitto. Parlare non è mai stato un problema, denunciare delle cose che non trovo giuste, idem. Poi non giudico chi non fa come me”.

Che capitano è Lautaro?
“Parla quando deve. Non lo fa mai a caso”.

Siete molto diversi. Come avete fatto clic?
“Proprio per le nostre differenze. Se lui fosse come me, gli direi ‘oh ,quanto sei pesante’. Io gli do qualcosa che lui non ha e lui viceversa”.

Avete un rapporto anche fuori dal campo?
“Eh, lui è sposato… Quando siamo lontani, in nazionale, però ci chiamiamo. Forse perché ci manchiamo…prima delle partite, dopo, sempre”.

Lei è andato ad abitare nella casa che era di Fedez e Ferragni…
“Ho sentito dire…”.

Suvvia, mica dirà che non lo sapeva!
“Non li conosco. Davvero Fedez è un rapper?”.

Antonio Siragusano

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