Grande protagonista nella giornata di ieri del Festival dello Sport, l’evento organizzato da La Gazzetta dello Sport, Javier Zanetti questa mattina è stato intervistato sulle pagine della rosea per commentare l’attuale complicato momento vissuto dall’Inter. Ma prima il vice presidente nerazzurro ha commentato l’emozionante addio al tennis di Roger Federer: “Mi sono un po’ rivisto inlui, anch’io piansi nel giorno del mio addio al calcio. Ma è un pianto di gioia: lì dentro c’è tutta la soddisfazione per il percorso fatto, ancor più che per i trofei”.
Il suo percorso, peraltro, mica è finito nel 2014.
“Me lo sono costruito, studiando. Mi sono detto ‘nulla mi è dovuto’. Sa che cosa mi rende orgoglioso? Le Academy, i progetti Csr, le relazioni internazionali con Fifa e Uefa. Gli sponsor portati. E il contributo nella parte sportiva: sono stato vicino a Conte, su richiesta di Antonio. Lo stesso faccio con Inzaghi”.
Ecco: come se le spiega queste difficoltà di Inzaghi e dell’Inter?
“Meglio la seconda. I problemi sono di tutti, non solo dell’allenatore. L’inizio di stagione non è stato quello ci aspettavamo. Ma dietro ci vedo sempre un’opportunità. Tutti dobbiamo dare qualcosa in più, essere più responsabili. Nulla è compromesso, dipende solo da noi”.
L’Inter ce l’ha questa forza?
“Sì perché l’ha già dimostrato, nel recente passato. Va solo ritrovata. La squadra deve essere resiliente. Ha presente la vittoria col Torino? Vuol dire che i valori ci sono. E il gruppo è unito”.
Dunque Inzaghi non rischia?
“No, non è nel mirino, non è giusto neppure che ci si senta. Il problema è di tutti. Ora serve personalità, per tirarsi fuori da questa situazione. Servono i fatti, però Inzaghi non si senta solo. Ho già vissuto situazioni simili da calciatore, anche durante l’anno del Triplete. E’ nei momenti difficili che una squadra diventa forte. Quella squadra vinse la Champions proprio perché aveva rischiato di uscire nel girone, ne sono convinto. Fu un segnale: c’è sempre una partita, un episodio che fa scattare una scintilla”.
Roma e Barcellona possono esserlo?
“Sì. Queste partite e questi avversari arrivano al momento giusto, possono farci fare il salto in avanti”.
Quindi l’Inter è ancora da scudetto? Arrigo Sacchi, ad esempio, sostiene di no.
“Per me l’Inter ha tutto per essere ancora protagonista. Anzi, lo sarà. Da Conte in poi, ricordo periodi difficili solo lo scorso febbraio e adesso. Cosa significa? Che la squadra c’è e il gruppo c’è, deve dimostrarlo”.
Quante chance ha, realisticamente, l’Inter di qualificarsi agli ottavi Champions?
“La gara chiave è quella in casa col Barcellona. E’ lì che bisogna far risultato, è su di loro che va fatta la corsa”.
Roma e Barcellona sono anche le partite di Zanetti: aneddoti?
“Il gol del pari con la Roma, nel 2008: senza, si sarebbe riaperto il discorso scudetto. E col Barça, troppo facile dire la semifinale di Champions. Il ritorno a casa loro quando Mou mi chiese di marcare Messi. Se penso alla compattezza di squadra, non mi viene in mente nulla di migliore”.
Quanto orgoglio c’è, nel vedere Lautaro?
“Qui non sono modesto, qui dico la verità. Gran parte del merito è stato mio, se oggi Lauti gioca nell’Inter. Portammo avanti io e Ausilio la trattativa. Sono felicissimo di aver dato un contributo simile al club: oggi il Toro è un patrimonio dell’Inter”.
Lo immagina qui a lungo?
“Per come lo vedo io, per come parla, per il senso di appartenenza, può essere il riferimento dell’Inter per tanti anni”.
E magari sempre vicino a Lukaku…
“Romelu per l’Inter è fondamentale. Se lo abbiamo riportato a Milano è perché crediamo nel suo contributo dentro e fuori dal campo. Può essere il nostro leader e sì, ce n’è bisogno”.
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