Zanetti: “Mi sono innamorato dell’Inter fin da subito. Madrid? Per me era l’ultima possibilità, quando entrammo in campo…”
Il vicepresidente nerazzurro ricorda alcuni dei più bei momenti vissuti con la BeneamataNella serata di gala tutta nerazzurra tenutasi il 9 marzo, nella quale si sono celebrati i 110 anni dell’Inter, Javier Zanetti è entrato, assieme a Zenga, Matthaus e Ronaldo, nella Hall of Fame della Beneamata. Venti giorni dopo, ai microfoni di Inter TV, Pupi racconta tutto il proprio orgoglio per questo riconoscimento: “Mi sono innamorato dell’Inter fin dal primo giorno perchè ho capito soprattutto il lato umano di questa società, e non è da tutti. Questo premio per me ha un grandissimo significato ed è una grandissima emozione. Essere con Giacinto Facchetti che dal primo giorno mi ha aspettato per la mia presentazione, mi ha fatto capire cosa voleva dire difendere la maglia dell’Inter e con ‘Lo Zio’ Bergomi, che mi ha dato la fascia da capitano… non potrei chiedere di più. E poi Picchi, Samuel, Cordoba, tanti difensori che hanno scritto pagine di storia di questa società. Essere il primo ad entrarci è un risultato importante. E’ ancora una volta la dimostrazione dell’affetto della gente. Essere interista vuol dire onore, fierezza per la propria maglia e io posso dire che mi sono innamorato dell’Inter non dopo una vittoria, bensì dopo una sofferenza. Ecco per me già questo è un valore unico. E’ una storia di amore fantastica che non finirà mai perché porterò l’Inter nel mio cuore sino all’ultimo giorno della mia vita”.
VITTORIA IN COPPA UEFA – “A Parigi fu una serata incredibile. C’era mio padre in tribuna con mia moglie Paula. Era il mio primo trofeo europeo ed è stata una notte magica, in uno stadio come quello. Ho avuto la fortuna di segnare un gol importante, decisivo per la vittoria. Rimarrà per sempre perché è stato il primo. Al ritorno in Italia, in quel momento, voleva dire tanto”.
FINALE DI CHAMPIONS A MADRID – “Per noi fu una grandissima emozione ed una grandissima tensione per il fatto che era una finale che non arrivava da tantissimo tempo e per tanti di noi poteva essere l’ultima possibilità. Personalmente, avendo 37 anni, magari non mi capitava più. L’orgoglio e l’onore di portare quella fascia lì in una partita così importante. Mi torna in mente quando scendemmo in campo per il riscaldamento e vidi la nostra curva piena: credo che in ognuno di noi è scattato quel senso di appartenenza e quella voglia di dire: “Questa è la nostra e non possiamo fallire e non rendere felici i nostri tifosi”. Quando alzo il trofeo, la mia faccia parla per me: non ero io, ho mostrato tutta la mia felicità per aver conquistato un titolo che rimarrà nella storia di tutti noi”.
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