23 Marzo 2020

Zenga: “Vacanze? Giochiamo anche a Ferragosto. Nainggolan top player, dovrà rendere al 100%”

L'avventura al Cagliari non si è aperta nel modo migliore

Quattro giorni dopo il primo allenamento con il suo nuovo Cagliari, Walter Zenga ha dovuto arrendersi come tutti all’emergenza coronavirus, rimandando di qualche mese l’esordio in panchina con il nuovo club. Chiamato a sostituire Rolando Maran dopo i risultati negativi dell’ultimo periodo, l’uomo ragno avrà il duro compito di rimotivare la squadra, cercando di riportarla al rendimento registrato nelle prime battute del campionato. Intervistato questa mattina sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, l’ex Inter ha parlato così dell’autoisolamento presso il centro sportivo del Cagliari.

Quattro allenamenti con la sua nuova squadra, quattordici giorni senza vederla.
“In compenso ho visto tutte le partite che ha giocato. Tutte. Dal 7 marzo non ho più sentito un giocatore, li ho lasciati in pace con le famiglie: ce l’hanno tutti qui, l’unico senza sono io. Sto facendo corsi di leadership online, su Wyscout ho studiato i profili tecnici e personali dei giocatori. Ho uno svantaggio rispetto agli altri 19 allenatori, sono appena arrivato: devo ridurre velocemente questo gap. Ma non sapere quando mi servirà tutto questo è dura, preferirei mi dicessero: fino a fine maggio non se ne parla”.

Ma la bestia non ci concede nessuna certezza, neanche questa. Lei è in autoisolamento volontario ad Asseminello da…?
“Dall’8 marzo, il giorno dopo un test con l’Olbia: il Cagliari è stato il primo club a suggerire ai suoi giocatori due settimane di autoisolamento preventivo e nel frattempo abbiamo iniziato a studiare tre ripartenze differenti. Ripresa smart working: attività a casa con supervisione del preparatore atletico. Ripresa a gruppetti, basata sul ricondizionamento. Ripresa ottimistica: tutta la squadra in campo. Per ora, primo protocollo: nessuna ripresa effettiva, solo attività a casa”.

Ma il Cagliari era fra i club favorevoli alla ripresa degli allenamenti.
“No, il Cagliari ha solo sottolineato di essere stato il primo club in autoisolamento. Ma oggi è impossibile programmare una ripresa di gruppo il 23, come avevamo ipotizzato: è una questione sia morale che etica. E medica». Quanto serve ad una squadra, da quando si ritrova, per essere pronta a giocare? «Normalmente, pensiamo all’estate, dai 30 ai 45 giorni. Ma stavolta senza amichevoli”.

Una luce in questi giorni?
“Sono stato a stretto contatto con i miei collaboratori più vicini, Max Canzi e Gianni Vio, e con il direttore Marcello Carli. Siamo diventati una famiglia vera: quando sei lontano dalla tua, hai bisogno di persone che ti sostengano nei momenti down: in quattro, è difficile averne tutti insieme”.

Che cosa ha convinto il Cagliari a scegliere Zenga e lei a dire sì al Cagliari?
“La prima domanda la faccia a Giulini e Carli: io penso di aver fatto cose importanti a Crotone e che la parentesi di Venezia mi sia servita a conoscere meglio i miei difetti. Ho sempre pensato che il Cagliari abbia grandi potenzialità e un centrocampo fortissimo, non c’era bisogno di convincermi di nulla. Un allenatore deve baciarsi i gomiti quando viene a Cagliari e infatti me li sto baciando”.

Grande partenza, declino imprevisto: forse il Cagliari ha sbagliato a sentirsi addirittura da Champions?
“E se il problema fosse stato l’opposto? Dire di sentirsi da Champions ma non crederci abbastanza? Non parlo di traguardi, ma il Cagliari deve pensare in grande: è a quattro punti dal 7° posto, con una partita in meno”.

Dunque è stato sbagliato anche cominciare a parlare di salvezza?
“Se pensi: oddio lotterò per non retrocedere, lotterai per non retrocedere. Nainggolan, Nandez, Rog, e poi Olsen e Simeone dopo gli infortuni di Cragno e Pavoletti: non mi pare un mercato da salvezza”.

Si è fatto un’idea di questa improvvisa fragilità del Cagliari?
“Certo che mi sono fatto un’idea, e ci lavorerò. Quando e se torneremo a giocare, non c’entrerà più nulla la classifica di oggi e chi era ognuno di noi: solo quello che saremo diventati. Mancheranno 13 partite: un mini campionato, dove può succedere di tutto. Avrei voluto con me Gianni Vio a prescindere – le palle inattive sono il mio chiodo fisso – ma in 13 gare possono essere una soluzione ancor più determinante”.

Cosa dirà alla squadra il giorno della ripresa?
“Ragazzi, ricominciamo. Da zero, perché non è più il campionato di prima: è un altro campionato”.

Da ex portiere: ha già deciso chi fra Cragno e Olsen sarà il suo titola re?
“Guardate il Liverpool, un titolare solo non va bene: noi con Cragno, Olsen, Rafael e Ciocci siamo a posto. In testa ho già un’idea, ma prima ne parlerò con loro ovviamente”.

Nainggolan è un trequartista, una mezzala o che altro?
“E’ un top player che ha intelligenza, corsa, qualità, tiro. Può stare dove vuoi, anche davanti alla difesa, però io gli cercherò un posto fisso: quello dove potrà rendere al cento per cento”.

Joao Pedro è un trequartista o una seconda punta?
“Uno che fa 16 gol… Gli ho detto che nelle prossime 13 partite me ne deve segnare altri 16”.

Il suo sistema di gioco base sarà il 4-3-3?
“E’ sempre stato il mio sistema di riferimento per coprire bene il campo. Ma un allenatore non deve mettere i giocatori nel suo sistema, piuttosto farli sentire bene e farli giocare bene insieme. Pensi a De Zerbi, che ha Berardi, Defrel, Boga e Caputo: ha rinunciato al suo sistema preferito”.

Si parla anche di play off e play out: e se il campionato dovesse finire così?
“Guardi, io oggi penso solo che vorrei non vedere più bare portate via dai militari, sentire di fabbriche chiuse, di gente senza lavoro. Se riprende il calcio vuol dire che riprende un po’ di vita e allora accetteremo quello che sarà. Nel caso la vedo dura finire entro giugno, più facile sfondare su luglio, e allora: le vacanze? Chissenefrega delle vacanze. Dobbiamo giocare a Ferragosto? Giochiamo a Ferragosto. Quattro partite alla settimana? Giochiamole.”.

Stipendi tagliati: giusto così?
Non è giusto così: sarà così per forza”.

In questi giorni da passare in casa vanno forte le partite revival della Nazionale: riguarderà quelle di Italia ‘90?
“Già riviste, più di una volta: non penserà mica che mi senta in colpa perché non abbiamo vinto quel Mondiale? Sbagliano solo i protagonisti: quella parte della mia vita mi serve anche oggi, ho lavorato tanto su quella delusione per ripartire. E se lo fai per una partita di calcio, è molto più importante farlo per la tua vita: la vita è anche questo incubo che si è impadronito di noi, sa?”.

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