La caduta di un mito: i Rangers salutano il calcio che conta tra le lacrime e i ricordi di una leggenda
Quando la storia del calcio e il mito devono lasciare il posto alla crudele realtà del denaro. I Rangers di Glasgow, dall’alto dei loro 115 trofei conquistati in 140 anni di storia del club, possono salutare il grande calcio con orgoglio e e la dignità di un mito che, si spera, tornerà presto alla ribalta. Perché tutto questo? Debiti, milioni di debiti che il club scozzese ha nei confronti della HMRC, il fisco britannico. Il saldo ammonta a 90 milioni di sterline, più di 100 milioni di euro. Come il sogno di un intero popolo può spegnersi di fronte a logiche che di cuore sanno ben poco. A nulla sono valse le iniziative del presidente storico David Murray, il quale ha ceduto a Craig White il controllo dei protestanti di Glasgow. La situazione era ormai insostenibile e la caduta inarrestabile. Il cuore di giocatori e tifosi ha poi contribuito a rendere questa storia degna di un romanzo d’amore e a commuovere tutti gli appassionati di calcio: calciatori importanti per la squadra come Naismith e Witthaker si sono tagliati lo stipendio del 75%, giovani della primavera che hanno acconsentito di svincolarsi dal club per salvare il posto a tanti lavoratori del club, bandiere come Mcculloch che addirittura giocano gratis. Tutto per salvare quella maglia, quei colori, quell’idea di sport, di religione, di identificazione sociale e di cultura. I tifosi non sono stai a guardare. In 3000 hanno addirittura accettato di comprare l’abbonamento per le partite del Dunfermline, club scozzese creditore dei Rangers, ma non è servito a nulla. Il cuore fa fare anche queste cose. Tutto è stato provato, tutto è risultato inutile. Salvare la squadra sembra una missione impossibile, un destino irrealizzabile: servirebbe un acquirente entro il 31 marzo, altrimenti addio alla storia, addio ad un sogno, addio ad un derby tra i più belli e intensi di sempre, tra i più sentiti del mondo, il derby con il Celtic cattolico che infonde passione in tutti gli amanti del calcio. E proprio per dare una fine gloriosa ad questo mito non poteva esserci una partita migliore che quella contro gli odiati rivali di sempre: l’ultima partita, l’ultimo atto di una trama da lacrime e petto orgoglioso. Rangers-Celtic è andata in scena domenica 25 marzo, in un’atmosfera surreale che sapeva di canto del cigno. Quei tifosi che tanto hanno provato e che tanto continuano ad amare hanno chiesto un’ultima impresa, un’ultima gioia: battere il Celtic e congedarsi dal calcio come conviene ad un soldato vincitore che si eclissa in silenzio verso la fine. I giocatori in blu non potevano deludere il loro popolo: la vittoria per 3-2 ha fatto tremare l’Ibrox Stadium, teatro della storia, teatro di tante battaglie e la casa di un colosso prossimo alla morte. Aluko, Little e Wallace hanno fatto sì che ci potesse essere un ultimo giorno di sole, prima di andare incontro alla tempesta e, ci scommettiamo, per dare un arrivederci a quel popolo di guerrieri. All’uscita dal campo un applauso scrosciante e una folla commossa saluta gli eroi che escono dal campo: è finito tutto ma “risorgeremo” pensano tutti. I Rangers ripartiranno dalla quarta divisione scozzese, cambieranno anche il nome (forse Rangers 2012), una beffa che tenta di cancellare il passato. Ma ciò che conta e che quei ricordi rimarranno per sempre nelle memorie di tutti quelli che in 140 anni hanno fatto di questo club la storia del calcio, hanno amato e pianto, gioito e sofferto, urlato e applaudito. 115 titoli sono leggenda, il futuro si scriverà. Arrivederci ai Rangers, con la speranza di poter rivedere di nuovo un popolo in festa che applaude però la resurrezione di un mito, pronto a scrivere nuove pagine di una storia intramontabile.