Cambiasso: “Allenare l’Inter? Magari. Il mio derby del cuore…”
Esteban Cambiasso si è concesso per una lunga intervista ai microfoni de La Gazzetta Dello Sport. Ne abbiamo riportato la prima parte( clicca QUI), ma El Cuchu aveva tanto altro da raccontare. 1-0 – “Il calcio è un gioco: scegli come giocare le tue carte, il resto è un azzardo. Poi ci sono diversi modi di vincere: il Napoli […]Esteban Cambiasso si è concesso per una lunga intervista ai microfoni de La Gazzetta Dello Sport. Ne abbiamo riportato la prima parte( clicca QUI), ma El Cuchu aveva tanto altro da raccontare.
1-0 – “Il calcio è un gioco: scegli come giocare le tue carte, il resto è un azzardo. Poi ci sono diversi modi di vincere: il Napoli vince in un altro modo, è questione di gusti, di scelte. Non c’è un modo giusto o sbagliato: sbagliato sarebbe se un giorno Mancini e Sarri si svegliassero e volessero fare il contrario di quanto fatto prima. Come se Guardiola dicesse: da oggi si gioca palla lunga”.
L’INTER DI CAMBIASSO – “Se questa assomigli a una delle ‘mie’ Inter? No, è un momento storico divero: sia del calcio italiano che del club. Oggi si guarda molto più al bilancio: a Moratti chiedevano 2-3 giocatori di prima fascia per ruolo e lui li comprava”.
SCUDETTO – “Ho sempre risposto così: dopo 38 giornate, lo vince chi lo merita. E poi non sono Nostradamus”.
ICARDI – “Un uomo d’area, un finalizzatore puro. Se assomiglia a Milito? Higuain è più Milito che lui. Ma sono contro i luoghi comuni e lui è un bersaglio troppo facile. Finora ha segnato 8 goal e la proiezione è di circa 15: sono così pochi 15 goal?”
DERBY DEL CUORE – “Il più intenso emotivamente, il film perfetto per un derby: 3-2, con goal di Adriano al 92esimo. Cosa ricordo con più piacere dei derby giocati? Una cosa speciale, più che bella: il rigore parato da Julio Cesar a Ronaldinho: come un goal, lui che non ne poteva segnare”.
ALLENATORE – “Allenare è nella mia testa, ma ricominciare una storia con l’Inter non è né una speranza, né una possibilità. Soltanto una cosa che può capitare, e magari capitasse. Quando si vuol fare l’allenatore, una cosa si sa con certezza: non sai dove lo farai”.