Il ritorno di Mourinho: “All’Inter arrivi da professionista, ma poi diventi qualcosa di più”
È la giornata di Inter-Sampdoria, ma per molti è soprattutto la giornata del ritorno di José Mourinho al Meazza. Atterrato a Malpensa e raggiunto da vari microfoni, ha rilasciato alcune dichiarazioni: “Non ero mai tornato nella San Siro interista. Era successo solo una volta per Milan-Real Madrid. Mangiare col mio presidente, con la signora moratti, […]È la giornata di Inter-Sampdoria, ma per molti è soprattutto la giornata del ritorno di José Mourinho al Meazza. Atterrato a Malpensa e raggiunto da vari microfoni, ha rilasciato alcune dichiarazioni: “Non ero mai tornato nella San Siro interista. Era successo solo una volta per Milan-Real Madrid. Mangiare col mio presidente, con la signora moratti, i loro figli: sarà una sensazione fantastica”, riporta FcInterNews.
MORATTI – “Non ho mai nascosto che l’anno più bello della mia carriera io lo abbia trascorso sulla panchina nerazzurra. Con Moratti ci siamo sempre promessi di non perderci e ora, senza lavorare, ho l’occasione di fare cose che non ho mai fatto prima. Spero di tornare a Londra felice non solo per aver riabbracciato i miei amici, ma anche per una vittoria dell’Inter”.
DA PROFESSIONISTI A INTERISTI – “L’Inter è il mio ex club, ma non la mia ex squadra, visto che non c’è nessun giocatore che ho avuto (a parte Santon, ndr). Ma l’Inter è l’Inter, gli interisti sono gli interisti. Dico sempre che tu arrivi all’Inter come professionista e ne esci come interista: questo è il potere di Moratti. Io sono interista, e ripeto che non voglio nessun tipo di speculazione a riguardo. Io non sarò il prossimo allenatore dell’Inter, lo ribadisco, ma non è detto che non possa esserlo in futuro. Non è ancora il momento di tornare, anche perché spero che il progetto con Mancini vada bene, ma non me la sento di chiudere la porta per il futuro”.
TRIPLETE – “Credo nasca dalla sconfitta in Champions contro lo United, all’Old Trafford. Io e Moratti capimmo che bisognava cambiare tante cose. Ma l’artefice fu lui. Anche i tifosi furono decisivi. C’era un’empatia enorme con loro e col club. Ripeto: qui arrivi come professionista e poi diventi qualcosa di più. . E questo qualcosa in più ha permesso alla squadra di fare un miracolo come quello di resistere al Camp Nou al Barcellona in dieci uomini e poi di annientare il Bayern in finale”.