APPUNTI TATTICI – Il tridente slavo
La nostra nuova rubrica che va a cercare gli spunti tattici più interessanti nelle partite dell'Inter: oggi, all'esordio, abbiamo voluto concentrarci sul 'tridentić' senza Icardi che ha sorpreso tutti nel pre-partita di Inter-Roma ma che poi s'è dimostrato un fattore importante per il successo nerazzurro sui capitoliniUno dei tanti spunti tattici che Inter-Roma ha regalato è senz’altro la questione riguardante il tridente “leggero” messo in campo da Mancini, il quale ha volontariamente rinunciato a Icardi e ha invece preferito, come detto da lui stesso, schierare giocatori che «non dessero punti di riferimento», a differenza del centravanti argentino che tende a gravitare spesso e volentieri sempre nelle medesime zone di campo. Pur privandosi della sua bocca da fuoco più pericolosa, l’Inter è comunque riuscita a colpire gli uomini di Garcia una volta, ma tanto è bastato per assicurarsi la vittoria e i tre punti.
Nonostante gli ospiti abbiano avuto più chance dei nerazzurri, va comunque rimarcato il buon lavoro fatto dai tre attaccanti per così dire “jugoslavi” durante tutto l’arco del primo tempo e abbiamo isolato due diverse occasioni in cui si nota particolarmente il buon lavoro dei tre punteros Jovetić, Ljajić e Perišić più un’altra che invece rappresenta il tipico schema offensivo basato sulla spinta dei terzini che Mancini chiede con insistenza ai suoi quando le vie centrali sono bloccate dalla densità di giocatori.
In questo senso, l’azione del minuto 14 in cui Nagatomo viene lanciato in profondità da Jeison Murillo rende inevitabile un’osservazione: il tecnico interista ha palesemente chiesto ai suoi tre moschettieri avanzati di giocare il più vicino possibile tra loro, andando a formare un tridente atipico nel quale Jovetić spesso si trova in posizione più arretrata rispetto a Ljajić e Perišić, in modo da poter giostrare tra le linee e ricevere palloni giocabili in zone del campo in cui poi possa girarsi e tentare una giocata che può essere orientata alla finalizzazione (il tiro) o all’assistenza (i passaggi filtranti). In questo particolare frangente, si può notare come i tre avanti del Biscione siano veramente vicinissimi e la loro presenza costringe anche i giocatori giallorossi ad addensarsi attorno a loro, formando di fatto due linee molto vicine: quella dei difensori, a quattro (Digne è fuori campo ma c’è) e quella dei centrocampisti, a cinque, i quali lasciano il solo Džeko a fare da unico riferimento avanzato.
Come si nota dall’immagine, Nagatomo ha l’occasione di lanciarsi in avanti grazie alla distrazione momentanea di Salah, che consente al giapponese di prenderlo di sorpresa attaccando lo spazio alle spalle di Maicon che, vedendosi saltato, lascia allo stesso Salah il compito di rincorrere il terzino nerazzurro. Grazie alla sua grande velocità l’egiziano riesce a rientrare sul numero 55 dell’Inter e a impedirgli di sviluppare pericolosamente l’azione ma la possibilità di attaccare dall’esterno grazie agli scatti dei terzini qui esemplificata da Nagatomo è un leit motiv del calcio di Mancini, reso efficace anche dalla contemporanea presenza nel giro di pochi metri di Ljajić, Jovetić e Perišić che distraggono in blocco i centrali capitolini e Nainggolan.
Il “tridentić” scelto dal Mancio diventa più direttamente protagonista della manovra interista appena un paio di minuti dopo: gli uomini del Biscione sono in possesso della sfera e Miranda passa il pallone a Medel che lo gira immediatamente a D’Ambrosio, il quale verticalizza subito verso Jovetić che, spalle alla porta, appoggia di prima su Brozović che fa un buon movimento senza palla in avanti e gliela restituisce immediatamente. Lo scambio tra i numeri 77 e 10 dell’Inter consente a Ljajić, originariamente più spostato al centro, di attaccare lo spazio alle spalle di Rüdiger, attirato fuori posizione da Jovetić, e di Digne, precedentemente costretto a rimanere in marcatura su Perišić e poi costretto dall’esitazione del compagno tedesco a uscire su Jojo (peraltro si nota bene anche qui come i tre avanti nerazzurri cerchino di rimanere il più vicino possibile, con Jovetić che si abbassa rispetto alla linea più avanzata tenuta da Perišić e Ljajić). Nonostante venga ignorato dai compagni in questo frangente, la posizione dell’ex Wolfsburg è fondamentale perché, nonostante la sua immobilità, inchioda Digne lungo la linea del fallo laterale costringendolo a uno scatto tardivo per impedire (non riuscendoci) a Jovetić di servire Ljajić in profondità.
L’azione sfuma nel suo prosieguo perché, nonostante l’ottimo lavoro di Ljajić sulla fascia, Brozović perde probabilmente un tempo di gioco nel controllo, non riesce a tirare e il dribbling a cui viene costretto dal rientro in copertura di Maicon lo spinge in una posizione più laterale da dove può solo crossare permettendo a Szczęsny la lettura della traiettoria. Nonostante non si arrivi al gol, l’ideale triangolo capovolto con Jovetić vertice basso dimostra però tutta la sua potenziale efficacia, anche grazie all’intesa maturata in tanti anni di Fiorentina tra il montenegrino e il serbo.
La terza situazione che abbiamo isolato è quella che ha poi portato al gol di Medel: il copione è sempre lo stesso, con Jovetić che scende tra le linee a ricevere i suggerimenti mentre Perišić e Ljajić, ancora molto vicini, fungono da riferimenti avanzati (si sistemano sulla linea degli attaccanti anche Nagatomo, rimasto alto a causa dell’azione precedente, e Guarín, che cerca di dare ampiezza sull’altro lato del campo). Il numero dieci interista si trova a proteggere un pallone ricevuto da Medel spalle alla porta con Florenzi che lo contrasta, mentre Pjanić rientra lentamente dopo aver cercato di portare una pressione alta sul Pitbull cileno e Nainggolan resta schiacciato sulla linea dei difensori, probabilmente a causa della contemporanea presenza di Ljajić e Nagatomo ai limiti dell’area, e quindi non può essere lui a seguire Jojo come ha fatto per la maggior parte del match.
A differenza di altri momenti in cui è in possesso del pallone, però, Jovetić stavolta non cerca né il tiro né la verticalizzazione per un compagno in posizione più avanzata e premia invece uno dei rarissimi inserimenti senza palla di Medel, chiudendo quindi il triangolo con l’ex giocatore di Cardiff, Siviglia e Boca: il cileno – anche lui, stranamente – non cerca l’appoggio verso alcun compagno e scorge invece la possibilità di tirare e, senza pensarci troppo, conclude con un tiro non particolarmente forte ma terribilmente preciso, sul quale Szczęsny è in colpevole ritardo.
Come il portiere polacco, ha una reazione lenta anche Rüdiger, il quale si vede arrivare di gran carriera il numero 17 dell’Inter quando fino a qualche secondo prima stava invece seguendo Perišić, sul quale resta invece Manolas: il centrale tedesco si rende conto che non deve più preoccuparsi dell’esterno croato con quel poco di ritardo che basta a Medel per prendere la mira e tirare con tantissimo spazio a sua disposizione, senza che il numero due giallorosso possa portargli alcun tipo di pressione (né può aiutarlo Digne, tenuto lontano dalla coppia di centrali dal movimento di Guarín che, ammesso e non concesso che non fosse in fuorigioco, avrebbe potuto essere una buona opzione di passaggio per il Pitbull se avesse deciso di non tirare). Come si nota dall’immagine soprastante, la mancanza di ostacoli che ha incontrato Medel è dovuta anche all’attenzione di Nainggolan per Jovetić, che attira il belga fuori dalla porzione di campo centrale che il numero quattro giallorosso occupa abitualmente.
In conclusione, quel che emerge da queste tre situazioni distinte che abbiamo isolato è quanto sia centrale nel sistema-Inter la presenza di Jovetić, il quale ha avuto un impatto immediato a livello di realizzazione ma, pian piano, si sta imponendo come principale fonte del gioco offensivo nerazzurro (se non addirittura come unica sorgente tout-court). Il numero 10 montenegrino è quindi già adesso imprescindibile per Mancini che, avendo lui in campo, si è potuto permettere un tridente atipico ma reso funzionale da Jojo, il quale ha giocato da falso nove senza dare alcun punto di riferimento ai difensori avversari nonostante fosse apparentemente schierato da punta centrale. In un certo senso, il montenegrino ha recuperato esattamente il ruolo che ha fatto nella Fiorentina del primo Montella, consentendo quindi a Mancini di elaborare un 4-3-3 che nelle sue dinamiche – in realtà – assomiglia molto di più a un 4-3-1-2, ossia il modulo impiegato nel finale della scorsa stagione e nelle prime partite di quella attuale.
Adesso la sfida che attende il mister jesino è quella di far coesistere efficacemente soprattutto Jovetić e Icardi: se i due attaccanti dovessero sviluppare una buona intesa allora il problema della sterilità offensiva del Biscione potrebbe fare più di un passo verso la soluzione definitiva, anche perché non è pensabile che l’ex giocatore del Manchester City possa adattarsi a fare il trequartista puro (da falso nueve Jovetić funziona perché non ha nessuno davanti e gode quindi di ampia libertà di manovra; con Icardi davanti il montenegrino sarebbe costretto a fare i conti con i movimenti senza palla del compagno e non più con praterie aperte di fronte a sé).
A rendere però la situazione più intricata ci sono la contemporanea presenza di Perišić, capace di dimostrare sempre meglio di partita in partita quanto stia diventando importante per la squadra, e Ljajić, autore di una prestazione troppo buona per essere ignorato e dimenticato in panchina nelle gare a venire. Il rebus principale, comunque, resta quello costituito dai numeri 9 e 10 dell’Inter attuale i quali, sebbene sulla carta possano formare una coppia difficilmente arginabile, stanno per ora dimostrando di essere più alternativi che complementari per le sorti dell’Inter. Il segreto per il futuro nerazzurro è tutto qui e nelle soluzioni che Mancini dovrà inventare per renderlo esplosivo.