FOCUS – Mi manchi 5 maggio 2002
Sono trascorsi 14 anni da quel 5 maggio 2002 e a distanza di così tanto tempo in alcuni tifosi interisti c'è una certa nostalgia nel ripensare a quei momenti. Vi spieghiamo il perché.Sono ormai trascorsi 5 anni, 5 lunghi anni durante i quali il copione per il tifoso interista è sempre stato più o meno lo stesso: stagioni perlopiù fallimentari, con le ultime giornate utili solamente a comparire negli almanacchi alla voce “statistiche”.
Da diversi campionati i sostenitori della Beneamata si ritrovano nel mese di maggio a guardare al futuro, ad aggrapparsi alle voci di calciomercato, a questo o a quel campione che arriverà a Milano e ricoprirà – almeno nelle speranze – il ruolo di salvatore della patria. Ad ogni fine di campionato si aprono accesi dibattiti intorno all’allenatore di turno, molti invocano l’esonero, altri lo difendono a spada tratta. Insomma, va in scena un film già visto, ed il finale finora è sempre stato lo stesso.
Siamo alla ricerca continua dell’anno uno, visto che da 5 stagioni si ripete quello che nelle intenzioni sarebbe dovuto essere il famoso “anno zero“. Se si vuole guardare il bicchiere mezzo pieno, forse, e va sottolineato il “forse”, almeno quest’anno una base sulla quale costruire il futuro siamo riusciti a crearla.
L’Inter che sta per concludere il campionato è ben lontana dall’avere un’idea di gioco ben precisa, è ben lontana dall’avere un’organizzazione accettabile, è ben lontana dal concetto di “squadra vincente”, ma perlomeno – e questa è l’unica sostanziale differenza rispetto agli anni passati – ha trovato dei singoli sui quali poter ripartire il prossimo anno.
Si tratta certamente di una nota positiva, è inutile e controproducente negarlo, ma prima di cantare vittoria dovremo aspettare che agisca una variabile davvero impazzita: il “calciomercato“. Almeno sulla carta infatti, il passo in avanti sostanziale verrebbe fatto solo se i migliori calciatori in rosa – o almeno la stragrande maggioranza di essi – rimanessero all’Inter al termine della sessione di mercato estiva. L’obiettivo della società dovrebbe essere quello di andare a puntellare la rosa con dei campioni affermati, trattenendo i calciatori che hanno dimostrato di poter stare in un’Inter nuovamente competitiva.
Ed è proprio la parola “competitiva” ad essere quella chiave per il futuro. Per arrivare a concentrarci sul futuro però, è utile fare un salto nel passato: oggi è il 5 maggio ed esattamente 14 anni fa, l’Inter di Hector Cuper visse un vero e proprio psicodramma all’Olimpico di Roma, perdendo 4-2 contro la Lazio e riuscendo nell’impresa di veder svanire all’ultima giornata uno scudetto che avrebbe ampiamente meritato di vincere.
Per tutti i tifosi interisti che quel 5 maggio erano presenti allo stadio, a casa, davanti alla tv o ascoltando la cronaca alla radio, quella partita resta e probabilmente resterà per sempre una ferita aperta, difficile da rimarginare. Quello scudetto doveva essere nostro, ce lo eravamo sudato sul campo per 33 giornate e quasi un tempo di gioco, ma alla fine ci è sfuggito sul più bello, quando oramai era tutto pronto per festeggiare. Di certo quegli anni non sono stati semplici per i tifosi interisti, le delusioni sono state molte e sempre più cocenti, ma la speranza e la fiducia erano sicuramente maggiori rispetto ad oggi. Quell’Inter che perse lo scudetto aveva in squadra dei campioni con la “C” maiuscola, era competitiva, aveva come obiettivo fisso quello di vincere, o almeno di provarci: poi non ci si riusciva – non solo per colpe nostre come poi si è scoperto in seguito – ma si pensava in grande, si pensava da Inter.
Gli unici punti di contatto tra quell’Inter e questa sono Moratti e Zanetti, per il resto è cambiato quasi tutto: è cambiato l’azionista di maggioranza, è cambiato il modo di gestire la società, sono cambiati i dirigenti, l’allenatore e i calciatori. Non tutti i cambiamenti sono stati negativi, anzi, ma purtroppo è cambiata l’unica cosa che doveva rimanere intatta: la nostra ambizione. Siamo ormai arrivati ad una condizione psicologica per la quale si valuta come positivo, o comunque non del tutto negativo, un quarto posto.
E’ vero, serve realismo, è necessario nelle condizioni economiche nelle quali versiamo, ma non deve essere barattato con l’ambizione: quella non deve mai mancare, siamo l’Inter e non può bastare una semplice sigla come FFP (Financial Fair Play) per farcelo dimenticare.
Dunque sono trascorsi 14 anni da quel maledetto 5 maggio 2012 e alla fine, anche se nessuno avrebbe mai pensato di poterlo scrivere, un pò ci manca. Non è masochismo, non si può provare piacere nel ricordare una sconfitta, ma ci manca l’idea che c’era dell’Inter 14 anni fa, ci manca quella competitività e quella ambizione. Insomma, ci manca l’Inter.