L’INTERTINENTE – Barella sul solco di Zanetti: l’uragano Nicoló alla rincorsa del mito Pupi
Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri.Il fatto che l’Inter abbia interrotto in maniera così roboante e netta la sciagurata serie di disfatte contro la Juventus, ha un significato plurimo. Innanzitutto, perché pone definitivamente la squadra di Antonio Conte – comunque la voglia pensare quest’ultimo – nella griglia delle favorite a giubilare alla fine di maggio, e consequenzialmente perché decreta una supremazia tecnica, organizzativa e territoriale, sui bianconeri che non si registrava da tempo immemorabile sulla sponda nerazzurra del Naviglio.
L’orchestra – ieri sera stonata – di Andrea Pirlo si è presentata a San Siro non soltanto in veste di rivale secolare e giurata dell’universo a strisce nero e blu, ma soprattutto quale corazzata da abbattere e diretta concorrente per uno Scudetto mai così conteso come oggi. Cristiano Ronaldo e seguaci sono stati sconquassati e rintontiti dalla efficacia tattica e qualitativa degli scudieri di C onte, che oltre a dare un segnale mastodontico di forza al Milan capolista e alle inseguitrici, con una superiorità così schiacciante lasceranno un segno indelebile nell’intera stagione, o almeno fino al prossimo girone.
Al tirare delle somme, la vittoria di ieri è un intreccio fra esaltazione e consapevolezza, che non sappiamo ancora se sia un effettivo passaggio di consegne dai 9 volte Campioni d’Italia ai fedelissimi di Conte, ma che è indiscutibilmente una massiccia dimostrazione di personalità, di classe e di attribuiti.
Peculiarità, queste appena citate, che riflettono i curricula dei due marcatori, nonché eroi designati della serata di ieri, seppure per versi divergenti. Infatti, se Arturo Vidal ha acceso la miccia delle consuete polemiche che si rinnovano ad ogni Derby d’Italia – dopo una libidine come quella di ieri, chi se ne frega del gesto di presunta juventinità del cileno?! Ha stravinto l’Inter! E gli uomini passano, sempre, mentre serate così restano immortali e immarcescibili -, il funambolico Nicoló Barella ha invece rianimato una suggestione radiosa e da tempo percepita dalla gente della Beneamata.
L’elettricità del 23, ieri ispiratore e realizzatore d’eccezionale marca, si può già iscrivere nell’albo delle leggende nerazzurre? La doppia cifra dietro la schiena lo vede portatore di una maglia che fu di un altro faro dell’Interismo, quel Marco Materazzi del quale in molti fra i devoti del NeroBlu invocano un ritorno con funzioni dirigenziali.
Da un’altra angolatura, tenendo conto dell’intensità e dei forsennati livelli di corsa, la sua natura appare bionica più che biologica, e i tentennamenti si azzerano quando lo si definisce il giocatore italiano più propedeutico e forte dell’attuale Serie A. Non c’è duello in cui esca sopraffatto, non v’è percussione in cui non imponga il suo furore, non esiste zona del campo in cui non lo si trovi a lottare, trottare, ricamare, arginare, giganteggiare – nonostante la minuta stazza -, deliziare.
In molto altro e specie in questo, le gesta di Barella richiamano alla memoria un altro monumento della incantevole narrazione interista, forse il più grande insieme all’icona di Giacinto Facchetti: quell’infaticabile umanizzazione dell’impegno, della perseveranza, e della tenacia che fu Javier Zanetti, un rappresentante senza tempo dell’anima splendente e mai doma dell’Internazionale e un moto perpetuo che non ha conosciuto stanchezza ed appesantimento.
La capacità di aver perennemente la palla incollata al piede e la spinta propulsiva con cui sradicare la sfera agli avversari e proiettarla e proiettarsi da un’estremità all’altra del rettangolo verde tagliandolo per intero, è un punto di congiuntura tra il passato di Pupi e il presente di NB. Resistenza, resilienza, e pragmatismo sono le doti principali che consentono di collegare la straordinaria storia di Javier con il sorprendente ed entusiasmante percorso di Nicoló.
Nonostante la pregevole rete di ieri, il trottolino sardo è forse tuttavia manchevole in ciò in cui il totem argentino non ha mai prorompente eccelso: il contributo in fase di finalizzazione, malgrado tecniche discrete da parte di entrambi e certamente in grado di fornire un maggiore contributo sotto porta. Anche se a giocatori di tale zelo e rango combattivo sarebbe difficile chiedere di più, dato che a loro appartenga ogni zolla di terreno per presidiarla e per organizzarla con disciplina e rigore.
Inoltre, come pure l’aspetto più rilevante del parallelismo, Javier e Nico non sono solo accomunati dal temperamento laborioso e dalla propensione al sacrifico, ma primariamente da un’affiliazione al nerazzurro con la quale Zanetti ha incorniciato un’intera carriera e sul quale Barella sta poggiando le basi per entrare nella sacralità dell’Interismo, di cui sembra una milizia di lungo corso. Da Nicola Berti a Javier Zanetti, NB23 è già un emblema del Biscione: ma quanto corre – sul prato e nella storia -, l’uragano Nicoló?
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