ESCLUSIVA – Lo scopritore di Godin: “Inter, hai preso il migliore. È un leader: la ‘ricreazione’ in spogliatoio è finita!”
Gerardo Pelusso, l'allenatore che lo ha fatto esordire in massima serie uruguaiana nel 2003, ai microfoni di Passioneinter.com: "Quando si portano le moglie e la stampa dentro lo spogliatoio, non va bene. Ma con Godin tutto questo finirà"“La cosa peggiore di tutte è che il Defensor ce lo cedette dopo averlo visto giocare per due anni”. È incredulo Gerardo Pelusso, ex allenatore del Club Atletico Cerro, in Uruguay, nel ricordare il momento in cui ebbe la possibilità di comprare, per pochi spiccioli, il difensore che nel giro di qualche anno sarebbe diventato il capitano ed il simbolo della Seleccion Uruguaya.
È il giorno di Diego Godin, dalle parti di Madrid. Il giorno dell’addio ad un simbolo, una bandiera, che nonostante un’età non più verdissima ha ancora fame di vittorie e voglia di nuove sfide. Prossima destinazione: l’Inter. La redazione di Passioneinter.com si è rivolta, per parlare di lui, al primo che ha creduto davvero nelle sue possibilità, nell’ormai lontano 2003, quando Godin ancora sognava un futuro da centrocampista offensivo: Gerardo Pelusso, appunto, ovvero colui che lo ha fatto esordire nella massima serie locale quando aveva 17 anni.
Sig. Pelusso, ci racconta come ha conosciuto Godin e come lo ha portato al Club Atletico Cerro?
“Nel 2003 ero allenatore della prima squadra del Club Atletico Cerro, in massima serie uruguaiana. Diego giocava in quinta divisione, ovvero nella categoria Sub17. Poi c’è una quarta divisione che è il Sub20 e poi i professionisti. La verità è che il suo vero scopritore fu William Lemus, allenatore delle categorie giovanili che lo conosceva e lo ha preso dal Defensor Sporting. Diego giocava come regista offensivo, gli piaceva molto giocare la palla, era molto tecnico. Lemus fu il primo a pensare a lui come centrale di difesa. A lui non piaceva l’idea, ma l’accettò e cominciò a giocare così nelle giovanili. Lemus mi parlò di lui e dopo averlo visto decisi di aggregarlo alla prima squadra. L’ultima partita del campionato giocammo nel campo del Bella Vista, contro il Liverpool di Montevideo: che curioso, è una squadra che ha gli stessi colori dell’Inter! Subito dopo giocammo la fase finale, con le sei migliori squadre del campionato, e lui giocava sempre titolare e concentrato. Ricordo ancora un agguerrito 0-0 con il Danubio: andammo davvero vicini a qualificarci per la Libertadores”.
Perché ha deciso di puntare su di lui?
“Notai subito come entrava in campo, come giocava, la sua tecnica, la sua presenza in campo e nel gioco aereo. Un difensore atipico per l’epoca perché gli piaceva molto giocare la palla anche prendendosi grossi rischi in zone pericolose. Cercai di insegnargli più cose possibile del nuovo ruolo. Due amici mi raccontano sempre di quando vennero a vedere un nostro allenamento ed io dissi loro: ‘vedete quel ragazzino? Segnatevi il suo nome perché sarà un calciatore straordinario’. La sua serietà era unica, così come la personalità e la classe che già lo distinguevano dagli altri”.
Qual è il ricordo più bello che ha legato a quel periodo con lui?
“Non dimenticherò mai quando l’ho rivisto dopo diversi anni che le nostre strade si erano separate, nel 2010. Mi ha abbracciato e ho notato subito che non aveva nulla di diverso dal ragazzo, umile, umano e di grande carisma che avevo conosciuto. Era rispettoso e professionale ed è così che è diventato capitano della nostra nazionale. Per me è il miglior difensore del mondo: il più completo. Ciò che ha raggiunto l’Atletico negli ultimi anni lo deve alla dirigenza, a Simeone ed a Godin, l’allenatore in campo. Credo che all’Inter farà molto bene. Io sono tifoso dell’Inter, da quando sono passato per il Liverpool di Montevideo che aveva gli stessi colori. Però i leader che ha l’Inter non mi piacciono. Quando si portano le mogli e la stampa dentro lo spogliatoio, allora non va bene. Ma con Godin tutto questo finirà. È finita la ricreazione!“.
A 33 anni, quanto può dare ancora al calcio ed all’Inter?
“Difficile da dire. Quello che ti posso assicurare è che già nel primo anno, la sua presenza in spogliatoio farà la differenza. Nella Nazionale uruguaiana ha imposto il suo rispetto per i valori da dieci anni a questa parte. Anche parlando poco e facendo poco, farà molto di più che i leader attuali del gruppo nerazzurro. Che non ha nemmeno un leader positivo, ma è piena di leader negativi. Darà molto, non solo in campo, ma nella sua totalità: già da quando dirà ‘buongiorno’ entrando per l’allenamento”.
Credi che possa avere difficoltà a cambiare campionato a quell’età?
“Penso che non avrà grandi problemi. Perché il calcio italiano è molto tattico e difensivo, il gioco è basato sull’organizzazione di squadra, è molto coperto. Tutto questo lo faciliterà ancora di più”.
Se dovesse fare una previsione: crede che Godin vincerà un trofeo importante anche a Milano? All’Inter manca ormai da diversi anni…
“L’Inter non vince da alcuni anni perché nel calcio c’è logica. Non bastano i valori tecnici. Con uno spogliatoio come quello che c’è oggi l’innesto di uno come Godin non può bastare. Puoi vincere una, due, tre partite, ma lo Scudetto? Impossibile. Servono tanti cambi. Un cambio radicale all’immagine del gruppo, con innesti di profili simili a quello di Godin: seri, professionali, non interessati solo ai giornali ed alla fama”.
Crede sia ancora fra i migliori al mondo?
“Non ho alcun dubbio al riguardo. Lo ha dimostrato nello scorso Mondiale arrivando quinto con l’Uruguay. In una nazionale che ha differenze abissali con le europee ben più attrezzate”.
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