FOCUS – Il Capitano del futuro
E’ visibilmente commosso. E non potrebbe essere altrimenti. Questa generazione di interisti, quella che è nata vedendolo consumare elegantemente la fascia o imporre la sua intelligenza a centrocampo, ha solo due certezze: la prima è che il tempo, avido come nessuno, avrebbe solcato i volti a tutti tranne che a lui, eternamente giovane nonostante il […]E’ visibilmente commosso. E non potrebbe essere altrimenti. Questa generazione di interisti, quella che è nata vedendolo consumare elegantemente la fascia o imporre la sua intelligenza a centrocampo, ha solo due certezze: la prima è che il tempo, avido come nessuno, avrebbe solcato i volti a tutti tranne che a lui, eternamente giovane nonostante il passare degli anni. La seconda, è che, ovunque vada la palla, qualunque cosa accada, c’è solo un Capitano. Quest’ultima certezza, quella più importante, sta crollando davanti agli occhi di tutta questa generazione di interisti, raccolti in un silenzio sacrale. E’ il 10 maggio 2014, San Siro è il centro del mondo, nel buio di questa tarda serata, illuminata da una bella vittoria casalinga contro la Lazio. E’ visibilmente commosso e applaude il suo popolo, alzando le forti braccia che hanno sollevato quell’indimenticabile Champions League quattro anni prima. Il cerchio si chiude definitivamente. Quella contro i biancocelesti è stata la sua ultima gara a San Siro: Javier Zanetti saluta la sua gente per l’ultima volta, prima di dire addio al calcio giocato.
Torniamo nel presente. E’ passato più di un anno dall’addio dello storico Capitano dell’Inter, e di cose ne sono accadute. Già, perchè l’Inter nettamente ridimensionata che Zanetti ha onorato nelle sue ultime apparizioni da calciatore, portava ancora in grembo dei residui del Triplete: come Diego Milito, volato poi nella sua Avellaneda, Esteban Cambiasso, che ancora bazzica i campi europei, o Walter Samuel, prossimo al ritiro. L’asado nerazzurro, i senatori di uno spogliatoio con un passato vincente. Tutti via, in un sol colpo. Aldilà della retta via, raggiunta o quanto meno imboccata dal punto di vista tecnico, dopo un lustro arido di soddisfazioni, il gruppo che si è venuto a formare con l’organica campagna acquisti estiva, è ancora in cerca di un elemento dominante.
Dopo lo sfortunato esperimento pagato a caro prezzo dal povero Ranocchia, la fascia è stata dirottata su un’individualità mediaticamente in vista e dotata della personalità necessaria per non farsi schiacciare dal suo peso: Mauro Icardi. L’assegnazione della fascia di capitano ad un giocatore, però, non lo rende automaticamente un leader da spogliatoio, l’elemento intorno al quale il gruppo si dà forza per raggiungere l’obiettivo comune. Icardi è una primadonna, nel senso sportivo del termine: ha bisogno dei riflettori puntati su di sé, e quella del protagonista è una parte che gli riesce bene, ma essere capitano di una squadra è di per sè molto diverso dall’esserne l’uomo chiave sul campo o quello più in vista a livello di marketing. Ogni giocatore può sviluppare doti di leadership, anche il centravanti rosarino, ma la sua investitura a capitano sembrerebbe dettata più per esigenze commerciali che per pura attitudine al comando. Inoltre, nessuno si stupirà se poniamo all’attenzione di chi legge che il calcio (almeno in teoria) è costruito su un reticolato di leggi esterne al campo: le esigenze di un bilancio sano nel rispetto del Financial Fair Play, potrebbero spingere un giocatore giovane ed estremamente valido come Icardi lontano da Milano, in caso di offerte folli. Insomma, immaginare Maurito legato ancora a lungo alla Beneamata, vista la piega del calciomercato attuale, potrebbe essere poco realistico.
Dunque, chi potrebbe essere l’uomo adatto per portare al braccio l’eredità spirituale lasciata da Zanetti? Il ruolo di capitano non è facile da assegnare e, nella lunga storia di un club, soprattutto in fase di riscostruzione, è naturale che possa verificarsi qualche passaggio a vuoto. Oggi, nello spogliatoio dell’Inter, chi dovrebbe essere un serio candidato alla carica di capitano è Gary Medel. Il Pitbull sta vivendo uno strepitoso periodo di forma, è un tassello imprescindibile dell’Inter di Mancini e soprattutto sa cosa vuol dire reggere sulle spalle il prestigio di un popolo. Medel è capitano della Nazionale Cilena, ruolo che, in una selezione Sudamericana, espone fortemente all’occhio del popolo. I parametri latinoamericani sono differenti rispetto a quelli europei, ma non si può negare che il centrocampista cileno sappia prendersi le proprie responsabilità, caratteristica che aiuta ad imporsi come leader di un gruppo tanto giovane per formazione; che abbia come unica regola quella di dare tutto in campo, e che le doti di leadership, in ogni continente, siano primarie per quel ruolo. Un aspetto gioca a sfavore del mediano: non parla ancora un buon italiano, il che potrebbe essere un ostacolo alla comunicazione in un gruppo che nonostante tutto è, per tradizione, piuttosto cosmopolita. Altri candidati potrebbero essere Miranda, Handanovic, addirittura un Jeison Murillo che sta unendo prestazioni tecnicamente eccelse al grande carattere di cui necessita un leader.
Riprendendo la premessa iniziale, tra gli uomini che compongono lo spogliatoio dell’Inter potrebbe non esserci il prossimo capitano destinato alla memoria, ma il problema non è certo grave: la fascia da capitano ha la magica di proprietà di scivolare da sola sul braccio di chi la merita. Con Zanetti è accaduto così, è solo questione di tempo prima che l’Inter ritrovi un leader assoluto.