FOCUS – I meriti di de Boer e l’eredità di Mancini
L'Inter di de Boer vince ad Empoli e centra la terza vittoria consecutiva in campionato. Cerchiamo di capire quali sono i meriti del tecnico olandese, con uno sguardo al passato: qual è l'eredità lasciata da Mancini?Dopo Inter-Hapoel Be’er Sheva a molti tifosi interisti è sembrato di rivivere il solito copione, condito da psicodramma collettivo: altro allenatore sbagliato, altra stagione compromessa, altro progetto da radere al suolo per ripartire nuovamente da zero. Il clima che si era creato intorno alla squadra e all’allenatore era davvero pesante: buona parte della stampa aveva indicato Inter-Juventus come una sorta di ultima spiaggia per de Boer.
In pochi infatti avevano considerato le oggettive difficoltà che il tecnico olandese era stato costretto ad affrontare: arrivare in un campionato del tutto nuovo, in un Paese nuovo, con una cultura ed una filosofia calcistica differenti, a sole due settimane dall’inizio della stagione, non era di certo uno dei compiti più semplici che l’ex allenatore dell’Ajax potesse immaginare di svolgere.
de Boer però non si è perso d’animo ed ha fatto leva sulla forza delle idee, sul suo credo calcistico ed è riuscito a trasmetterlo al gruppo nel giro di poche settimane. Se infatti la sfida vinta contro la Juventus poteva rappresentare un indizio, l’autoritaria vittoria di Empoli rappresenta una prova: l’Inter di de Boer è sulla buona strada e comincia a pensare da grande.
Nel giro di poche settimane de Boer è riuscito a dare alla squadra un’organizzazione che nel corso dell’anno e mezzo con Mancini non avevamo mai avuto il piacere di apprezzare. Squadra compatta, distanze ridotte tra i reparti, pressing alto: tutte caratteristiche che nella nuova Inter sono assolutamente evidenti e che non si può fare a meno di sottolineare, lodando il lavoro dell’ex allenatore dell’Ajax.
Evidenziare questi aspetti però, non deve suonare come una “condanna” nei confronti di Mancini. Il tecnico di Jesi è un allenatore del tutto diverso da de Boer: non insegna calcio, ma è un gestore, si affida alle individualità per raggiungere il risultato e dunque deve poter contare su campioni fatti e finiti. Si potrà obiettare dicendo che “con i campioni diventano tutti grandi allenatori“, ma questa affermazione non corrisponde a realtà: per riuscire a gestire uno spogliatoio fatto di campioni ci vuole grande personalità e questa a Mancini non manca di certo.
Se dunque l’apporto dell’ex tecnico nerazzurro sul piano dell’organizzazione data alla squadra è stato pressoché nullo, diverso è il discorso riguardante l’eredità generale lasciata da Mancini all’Inter.
In uno dei periodi più bui della storia nerazzurra, Mancini, grazie al mercato, è riuscito a farci tornare a pensare in grande, a pensare da Inter. Venivamo da un periodo in cui l’allenatore di turno avrebbe fatto carte false per portare Behrami nella Milano interista, mentre con Mancini il vento è cambiato: calciatori come Miranda e Perisic non avrebbero mai accettato di trasferirsi all’Inter se l’allenatore fosse stato Walter Mazzarri. Ci ha restituito internazionalità, quella che avevamo perso: eravamo diventati provinciali, andando contro la nostra storia.
Lo stesso Kondogbia, ora finito nel mirino della critica, era considerato uno dei giovani centrocampisti più forti in Europa e, solo grazie alla ritrovata ambizione, siamo riusciti a strapparlo al Milan.
Mancini dunque ha mosso i primi passi, ma ha drammaticamente lasciato indietro il lato tecnico-tattico della squadra, non riuscendo mai a dare un’organizzazione e un’idea di gioco alla sua Inter. Qui subentrano tutti i meriti di de Boer, che però si trova solo all’inizio della sua avventura con la Beneamata. Le premesse sono ottime e l’entusiasmo dell’ambiente è dilagante: starà al tecnico olandese continuare questa luna di miele, mettendo a tacere tutti i critici che prima di Inter-Juventus erano già pronti a celebrarne i funerali sportivi. Noi stiamo con te Frank, sin dal primo giorno.