Jovetic: “Che emozione il primo gol a San Siro. La 10…”
Intervista esclusiva a La Gazzetta dello Sport per il neo acquisto dell’Inter, Stevan Jovetic. Il montenegrino è già entrato nel cuore dei tifosi dopo il gol all’ultimo secondo contro l’Atalanta. Un amore, quello con i nerazzurri, nato molto tempo fa: “Estate 2007, a Bolzano giochiamo un’amichevole estiva, Inter-Partizan. Io presi un palo: il giorno dopo […]Intervista esclusiva a La Gazzetta dello Sport per il neo acquisto dell’Inter, Stevan Jovetic. Il montenegrino è già entrato nel cuore dei tifosi dopo il gol all’ultimo secondo contro l’Atalanta. Un amore, quello con i nerazzurri, nato molto tempo fa: “Estate 2007, a Bolzano giochiamo un’amichevole estiva, Inter-Partizan. Io presi un palo: il giorno dopo mi dissero che l’Inter si era interessata a me”.
Segnare all’esordio al Meazza, al 93′ e con la 10 sulle spalle non è certamente una cosa da tutti: “Che emozione fare gol così, a un minuto dalla fine e al mio debutto nel nostro stadio. La cosa che più mi è rimasta impressa? Tutti impazziti, io pure, ma soprattutto tutti quei tifosi che sembravano venirmi ad abbracciare, ogni secondo sempre di più. Me li sono quasi visti addosso”
Ma Jo-Jo come ha avuto quella maglia? “Nel giorno in cui si ufficializza il trasferimento di Kovacic al Real Madrid mi viene in mente di chiedere una cosa che mai e poi mai avrei avuto il coraggio di fare in vita mia. La mia maglia adorata è sempre stata la 8, quella di Mjiatovic e Savicevic quando ero piccolo; oppure la 35 che avevo al Partizan e che ho inizialmente preso qui perché l’altra era occupata. Bene, quel giorno decido di provarci: chiedo al team manager Andrea Romeo, al club manager Stankovic che per me è come un fratello maggiore e a Javier Zanetti se è possibile un cambio di maglia. La 10 è libera, posso averla io? Me l’hanno data: un sogno“
È un uomo fortunato, Jovetic, che è riuscito a trasformare una passione nel proprio lavoro. Ma non sempre per lui la vita è stata facile: “Avevo più o meno una decina di anni e giocavamo per strada a Podgoriça. Poi, ogni giorno e a un certo punto, partiva la sirena: non era il fischio dell’arbitro, era il segnale dei bombardamenti in corso in Montenegro anche a nella mia città. E allora via, di corsa: ci chiudevamo dentro casa, tutti raccolti e pregavamo. Che le bombe non ci prendessero, che non facessero gol”.
Il montenegrino non si tira indietro quando bisogna togliersi qualche sassolino dalla scarpa: “Ho avuto dei problemi a Manchester, non posso negarlo. Ma non giocavo nemmeno quando stavo bene. Sembra ormai diventata una moda dire che Jovetic s’infortuna sempre. Se succede, capita come a tutti. Quindi basta con questa storia”.