L’Intertinente – Il catastrofismo, lo Zenit e Spalletti: attualità della solita Inter estiva
Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurriL’euforia (moderata) dopo il portentoso esordio ai danni del Lugano e lo scoramento (esasperato) in seguito alla sconfitta contro il Sion, denotano una costante anche in quest’estate: l’Inter e il sensazionalismo vanno sempre appaiati. Il ritiro pre-stagionale 2018 non è, dunque, escluso dalla cerchia, e non si sottrae a faziose critiche, piccate osservazioni, e sterili previsioni, rispetto alla volubilità di risultati della Beneamata e alle sue ambizioni per l’anno venturo.
Il circolo è lo stesso: le vittorie – spesso a scapito di modeste compagini, che sono consapevoli vittime pre-designate – vengono succedute da un’esaltazione che stona con la dimensione informale e non ufficiale degli incontri, andando ad amplificare la retorica de “L’interista chiacchierone sogna sotto l’ombrellone” tanto in voga fra i rivali più acerrimi dell’Internazionale.
In caso di disfatta, invece, il catastrofismo incalza fragorosamente, perché il valore degli avversari – appunto appena agonistico per la maggiore, ed amatoriale in sparuti casi – non consente passi falsi, ma senza che si tenga conto di dati fattori che sovente incidono in circostanze dove ritrovare confidenza col rettangolo verde e rodare le gambe tramite puntuali strategie atletiche diventano aspetti primari.
Infatti, le indicazioni fornite nelle prime due prestazioni vanno filtrate proprio da un approccio sobrio e distaccato: il 3-0 sul Lugano è stata la dimostrazione che l’adattamento dei nuovi arrivi – Nainggolan, De Vrij e Lautaro Martinez su tutti – alle dinamiche di Luciano Spalletti stia procedendo bene, specie in virtù del fatto che gli oppositori godessero di una prestanza fisica nettamente più avanzata degli uomini dell’allenatore toscano.
Di contro, il 2-0 subito dal Sion – a parità di condizione dei connazionali, dato che la lega elvetica aprirà i battenti domenica – ha lasciato emergere l’inadeguatezza di alcuni elementi – Dalbert in primis – che faticheranno ad entrare nelle grazie di Spalletti, e la concreta propedeuticità dei carichi di lavoro che il tecnico e il suo gruppo di collaboratori stanno imprimendo nella preparazione.
Ergo, gli spunti che si traggono da queste prime settimane di ritrovo pre-campionato, si orientano più su valevoli propositi, che su un aprioristico disfattismo: la tenuta appare discreta – escludendo l’acciacco di Nainggolan, che ci si augura torni al più presto -, la coordinazione modulare è in divenire ma sostanzialmente già accreditata, i ritmi gradatamente si innalzeranno, e lo spessore qualitativo degli acquisiti conclusi è elevatissimo.
Domani, lo Zenit sarà uno scoglio di rilievo, e Spalletti non potrà considerarlo un evento di ordinaria amministrazione: indipendentemente dalla natura amichevole del confronto, il profeta di Certaldo non peccherà d’indifferenza, ed anzi sarà emozionato a fronteggiare la parentesi più vincente della sua carriera per la prima volta su un’altra panchina.
Avendo imparato a conoscere l’uomo e il professionista – due sfere che è riuscito sempre con successo ad amalgamare, ovunque si sia trovato – in questo anno e più di militanza interista, e alla luce di come abbia vissuto la Milano nerazzurra, Spalletti non potrà restare inerte dinnanzi ad un passato contornato da 4 titoli russi – due Scudetti, una Coppa e una Supercoppa nazionali – e dalla strutturazione di un’identità internazionale che oggi la squadra di San Pietroburgo vanta grazie alla sua ex-guida.
Per l’Inter, poi, questa sarà una prova per determinare una bozza di valutazione delle prime due settimane di operato, e per constatare la capacità di reazione alla scoppola di mercoledì; cortesemente, però, emancipandosi da allarmismi e pessimismi vari.
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