>>>Sostienici su Patreon per avere accesso ai contenuti esclusivi<<<
L’INTERTINENTE – Tra valutazioni parziali e Shakhtar Donetsk, l’Inter (non) è già a un bivio: analisi completa di una stagione non compromessa
Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri.Un altalenante avvio di stagione, fra alcuni sprazzi in chiaroscuro in campionato e il pareggio di Champions League della scorsa settimana contro il Borussia Mönchengladbach, ha già configurato la linea editoriale che la cronaca calcistica italiana adotterà rispetto a quello che sarà il cammino dell’Inter durante tutto l’anno sportivo, che si prevede – secondo eminenti voci e firme della critica pallonara – contornato più da punti interrogativi che da certezze.
Se visto nella sua pienezza, lo scenario contemporaneo legittima taluni pronostici: la minaccia di un’ennesima interruzione forzata dall’incessante incalzare del COVID-19 impone una capacità di adattamento ed una prontezza di reazione che dovrebbero essere alla base di qualsiasi squadra che si prefigga di puntare ai vertici in Italia e in Europa, ed Antonio Conte e i suoi ragazzi sono apparsi alquanto in ritardo nell’iniziale manifestazione dell’intento.
Questo se, però, ci si focalizza solo su una parzialità delle statistiche complessive dei primi scorci di annata, poiché il resto dei dati conforta ampiamente l’ambiente nerazzurro. Indubbiamente, le 10 marcature concesse in sole 6 gare non rappresentano un bottino degno della difesa meno perforata della passata Serie A e che ad Appiano Gentile annovera alcuni tra i migliori interpreti nel ruolo dell’intero panorama calcistico mondiale, ma in tanti hanno omesso che in tutte le occasioni in cui l’Inter è scesa in campo, l’assetto titolare della retroguardia sia stato colpito dalle positività al COVID-19 e dunque non abbia avuto modo di sfoderare il proprio potenziale.
Con buona pace dell’abnegazione di D’Ambrosio e del tanto (ingiustamente) bistrattato Kolarov, l’eleganza tignosa di Bastoni e l’affidabilità di Skriniar sono garanzie differenti per il pacchetto arretrato; infatti, al numero 33 va riconosciuta un’innata abilità di saper immedesimarsi in diverse zolle del campo, ma a volte con esiti discutibili, mentre il serbo è preziosissima mina vagante in proiezione offensiva – come apprezzato nella costruzione dell’1-2 nel Derby e nel calcio d’angolo che ha condotto al pareggio dello scorso mercoledì sera in Coppa – ed ovviamente stenta in una zona di competenza non sua quale è la sinistra bassa a 3.
Oltre alla crudezza dei numeri, poi, c’è l’oggettività delle prestazioni, che per quanto non ancora espressione maestosa dell’imponente arsenale che Conte ha a disposizione, sono state pienamente dalla parte dei nerazzurri. Innanzitutto, l’Inter non ha mai dato l’impressione in nessuna partita di subire l’avversario e scorrendo le cifre salienti si può addirittura affermare il contrario, ovvero che sia stata quasi sempre in controllo degli incontri, pure quando l’esito finale non è stato soddisfacente – si veda la Stracittadina contro il Milan e l’esordio in Champions League.
In rapida successione, si può spendere qualche riga anche per i contributi di alcuni elementi, che vengono categoricamente dimenticati dalle prime pagine dei giornali, a fronte di colleghi che si prendono la scena per svarioni ed irresolutezza. Infatti, se da un lato pedine come Brozovic e Perisic stentano in virtù di malcontenti dovuti alla perdita di centralità nel gioco – il primo caso – e di collocazioni tattiche da assimilare – nel secondo -, dall’altro individualità come Hakimi, Barella, e – manco a dirlo – Lukaku stanno diventando imprescindibili.
Il marocchino è sublime per qualità ed efficacia nel creare superiorità numerica tramite eleganza di palleggio, smarcamento ed accelerate fulminee, e sta affinando le doti di ripiegamento, nel rivoluzionario compito di attualizzare la figura del fluidificante, oramai marginalizzata da un calcio moderno costretto tra atletica e moduli. Per quel che riguarda il centrocampista cagliaritano, invece, non si tratta di ironia e suggestione definirlo un Nicola Berti 4.0: inesauribile dinamismo e gladiatoria tenacia si uniscono ad una tecnica già elevata e in cosante rodaggio, ed il compendio delle tre porta al prototipo dell’incursore che esalterebbe e strapperebbe applausi in qualsiasi stadio del Mondo. E poi c’è Romelu, per cui le lodi si sprecano e che partita dopo partita si conferma il terminale offensivo per antonomasia: disumana prestanza fisica, poderosa tecnica, impressionante progressione, traino tattico ed emotivo dell’intero collettivo. Un gigante! Punto. Che le vedove di argentini vari sparsi per la Francia se ne facciano una ragione – ogni riferimento a Mauro Icardi è puramente voluto.
Ora, la trasferta in terra ucraina in visita allo Shakhtar Donetsk potrà essere un viatico per il prosieguo europeo e una certificazione sulle buone cose di Genova, e specialmente è un’occasione per ammutolire le malelingue che vogliono l’Inter sempre in preda ad una crisi di nervi. Il racconto del 2020/2021 – COVID-19 permettendo – è ancora tutto da scrivere.